In molti casi si preferisce un prezzo bloccato e anche io sono un sostenitore di questa scelta. Purtroppo alcune compagnie nascondono un valore variabile al brent (petrolio) dietro a prezzi apparentemente fissi e bassi. Leggere bene i dettagli contrattuali del costo dell’energia è un consiglio che pare scontato, ma spesso o ci si fida o non si ha tempo di controllare tutto.
Nello specifico se vi viene proposto un prezzo indicizzato al brent (magari spacciato come prezzo fisso) vi verrà mostrato un “prezzo di copertina” calcolato, ad esempio, quando il valore del petrolio è a 60. Ciò significa che poi in bolletta troveremo un valore più alto, aumentato in relazione al valore attualizzato del greggio che sarà, ad esempio, 100, aumentando di circa il 40%. (il prezzo di copertina presenta di solito il valore minimo raggiunto negli ultimi dodici mesi)
Ma non tutti i prezzi variabili sono un rischio, l’opportunità c’è per prezzi indicizzati al prezzo unico nazionale (PUN). In questo caso la società fornitrice inserirà nei servizi di vendita il prezzio medio mensile al kWh aumentato di uno spread che poi sarà il guadagno della compagnia. Questo tipo di prezzo variabile è il migliore, solitamente dedicato alle aziende con un consumo elevato di energia.
Lo stesso discorso vale per il gas, come possiamo vedere nell’ultima colonna di questa tabella che riassume i valori della borsa elettrica forniti dal GME (gestore mercati energetici):
In conclusione bisogna stare alla larga dai prezzi indicizzati al brent, mentre accogliere prezzi variabili indicizzati al PUN, stando però attenti che lo spread non sia troppo alto.
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